mercoledì 28 agosto 2013

"Ai suoi inizi, Berlusconi era perfettamente funzionale al grande capitale finanziario, perché si chinava a raccogliere quei capitali ingenti ma poco raccomandabili che giacevano inutilizzati, che il capitale più blasonato non poteva toccare direttamente. Diciamo che svolgeva un’utile servizio di lavanderia. Dopo, però, ha cominciato ad allargarsi troppo. E passi per aver imposto la sua grossolana presenza nel salotto buono della finanza e per aver creato un impero mediatico senza precedenti (in fondo, lo aveva creato perché gli altri, a cominciare dalla Fiat, gli avevano ceduto le loro Tv). Quello che proprio non doveva fare, era la “discesa in campo”: per la finanza di tradizione, nessuno della categoria deve fare politica direttamente, perché diventerebbe un concorrente troppo forte e questo non sta bene. Lo impone un patto fra gentiluomini (oddio, gentiluomini… quasi..). E, infatti, il gruppo Mediaset è cresciuto sino a diventare uno dei primi due o tre del paese. Troppo. Per di più, agli occhi degli aristocratici membri di diritto del club, Silvio è solo un miserabile parvenu, che si fregia del modestissimo titolo di Cavaliere come un Demetrio Pianelli qualsiasi. Vi pare che per uno così si possa sentire solidarietà di classe? L’uomo avvertiva il disprezzo di quelli che avrebbe voluto lo considerassero un loro Pari e ne soffriva. Ad esempio, non sopportava di non essere mai stato invitato a colazione dal mitico avvocato Agnelli. E così, quando nel 1994 divenne Presidente del Consiglio, disse ai giornalisti “Voglio vedere se, questa volta, l’Avvocato Agnelli non mi invita a cena”. E l’Avvocato, che era uomo di livida perfidia, lo invitò. Ma a cena offrì pollo freddo. E, magari, non invitò a tavola anche il giardiniere e l’autista, solo perché erano in ferie…"

http://www.aldogiannuli.it/2013/08/il-cavaliere-ed-i-poteri-forti/

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