domenica 25 agosto 2013

"Pippo Civati? Kaputt. Giorgio Gori? Kaputt. Giuliano Da Empoli? Kaputt. Lunga è la teoria di amici, consiglieri, professori, famigli, uomini di cultura, esperti d’immagine e colleghi che il giovane sindaco di Firenze, aspirante re d’Italia, ha messo da parte o in alcuni casi promosso per allontanarli (come il suo vecchio vicesindaco Dario Nardella, oggi deputato), confermando così quel suo carattere da fantuttone di cui si ricordano anche i vecchi amici degli scout. Con la differenza, ovvia, che comandare una squadriglia di lupetti, indicargli dove piantare una tenda canadese e dove accendere un fuoco da campo, non è la stessa cosa che governare l’Italia e riformare il sistema pensionistico o mettere mano alla riforma del mercato del lavoro. E dunque Renzi si scrive i discorsi da solo, trova da solo le sue citazioni, le immagini, le figure retoriche, le invenzioni linguistiche, scopre da solo quali sono i libri da leggere (pochini quelli che ha letto), studia da solo i complessi problemi di un paese strano come l’Italia. Ma l’effetto di questa ricercata solitudine, di questa orgogliosa autosufficienza di cui tanto si favoleggia a Firenze, è spesso drammatico, se non grottesco."

http://www.linkiesta.it/renzi-un-americano-a-firenze

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