domenica 20 aprile 2014

#Rubin #Carter #Hurricane #BoB #Dylan #Storia #Musica #Canzone #Discriminazione #Carcere #Omicidio #Prison #Murder #Washington















Pistol shots ring out in the barroom night
Enter Patty Valentine from the upper hall.
She sees the bartender in a pool of blood,
Cries out, “My God, they killed them all!”
Here comes the story of the Hurricane,
The man the authorities came to blame
For somethin’ that he never done.
Put in a prison cell, but one time 
he could-a been 
The champion of the world.










Bob Dylan’s Song Lyrics











Rubin “Hurricane” Carter, sfidante al titolo mondiale dei pesi medi e pugile dal micidiale gancio sinistro, icona nera che ispirò canzoni e film, è scomparso nella sua casa di Toronto, a 76 anni [...] Incolpato ingiustamente di aver ucciso due uomini e una donna (tutti bianchi) in New Jersey nel 1966, trascorse oltre 19 anni in carcere, prima di essere dichiarato innocente con due distinte sentenze che dimostrarono la sua totale estraneità. All’epoca, a favore della sua causa si mobilitarono in tanti, politici, organizzazioni a favore dei diritti civili come “Amnesty International”, campioni dello sport e star del cinema e della musica. Per anni il suo nome divenne il simbolo di una cattiva giustizia di stampo razzista: il suo fu infatti un caso di discriminazione legata al colore della pelle . Basandosi sulla sua storia, Bob Dylan, compose la celebre canzone intitolata appunto con il suo soprannome, “Hurricane”, che divenne un successo internazionale nel 1976. Molti anni più tardi, anche Hollywood si occupò della sua triste vicenda: nel 1999 uscì un film di Norman Jewison, basato sull’autobiografia dell’ex pugile «The 16yh Round», dal titolo anche questa volta “The Hurricane”, interpretato da Denzel Washington, che per la sua performance ricevette una nomination agli Oscar. 














Rubin 'Hurricane' Carter dies







THE HURRICANE (1999). 
Dir. Norman Jewison. Starring Denzel Washington, Vicellous Reon Shannon, and Dan Hedaya. Universal Pictures.








Rubin “Hurricane” Carter













Rubin "Hurricane" Carter (May 6, 1937 – April 20, 2014) was an American middleweight boxer best known for having been wrongfully convicted for murder and later exonerated after spending 20 years in prison.













Dylan's Distortion of the Facts in "Hurricane"
is Appalling, Irresponsible and Wrong











BEFORE THE HURRICANE BEGINS BOB DYLAN 1963











"Hurricane" is a protest song by Bob Dylan co-written with Jacques Levy, about the imprisonment of Rubin "Hurricane" Carter. It compiles alleged acts of racism and profiling against Carter, which Dylan describes as leading to a false trial and conviction.


http://en.wikipedia.org/wiki/Hurricane_(Bob_Dylan_song)





Colpi di pistola risuonano nel bar notturno
Pistol shots ring out in the barroom night
entra Patty Valentine dal ballatoio
Enter Patty Valentine from the upper hall.
vede il barista in una pozza di sangue
She sees the bartender in a pool of blood,
grida "Mio Dio! Li hanno uccisi tutti!"  
Cries out, "My God, they killed them all!"

Ecco la storia di "Hurricane"
Here comes the story of the Hurricane,
l'uomo che le autorità incolparono
The man the authorities came to blame
per qualcosa che non aveva mai fatto
For somethin' that he never done.
lo misero in prigione ma un tempo egli sarebbe potuto diventare
Put in a prison cell, but one time he could-a been
il campione del mondo 
The champion of the world.




http://www.repubblica.it/sport/vari/2014/04/20/news/_hurricane_la_canzone_di_bob_dylan_in_onore_di_rubin_carter-84088546/

venerdì 11 aprile 2014

#Filosofia #Eraclito #Cultura #Logos #Essere #Divenire #Vita #Morte #SapereCondiviso #Conoscenza





"Eraclito il superbo, Eraclito l’oscuro. “Fu superbo più che alcun altro e altamente sentì di sé”: così lo presenta Diogene Laerzio. Eraclito coglie nelle cose un Lógos che non spiega le contraddizioni, gli opposti, la lotta, il divenire, standone al di fuori, ma standone all’interno, perché è esso stesso la legge del divenire (il famoso pánta reî), che si evidenzia nella sua ciclicità, di cui vita e morte sono entrambe parti essenziali. Per questo l’immagine più efficace è quella del fuoco, che è entità, cosa, e, nello stesso tempo, un indefesso “processo di trasformazione”. Eraclito è il filosofo della simbiosi fra Essere e divenire. Dei suoi scritti – come per quelli degli altri filosofi di questo periodo – rimane solo una serie di frammenti, dei quali alcuni di difficile interpretazione." 
I Presocratici: testimonianze e frammenti, Laterza, 1994, pag. 215 e segg. 

#Filosofia #Verità #Cultura #Adorno #Veritas #Cicerone #Fede #SapereCondiviso #Conoscenza




Francesco Adorno spiega le differenze di significato tra il termine greco aletheia e la sua traduzione in latino veritas (Cicerone). Il greco aletheia viene da lanthano, "coprire", e, preceduto dall'alfa privativo, sta a designare ciò che si scopre nel giudizio. Il termine veritas proviene invece dalla zona balcanica e slava e, secondo il suo significato originario, vuol dire "fede" (per cui l'anello nuziale si può dire indifferentemente "fede" o "vera"). Adorno ricollega a questa doppia origine del concetto la più tarda contrapposizione di verità di fatto e verità di ragione, le prime riconducibili piuttosto all'etimo latino, le seconde a quello greco.

giovedì 10 aprile 2014

#Pirandello #Letteratura #Arte #SapereCondiviso





"La maschera‬ è la rappresentazione più evidente della condanna dell'individuo a recitare sempre la stessa parte, imposta dall'esterno, sulla base di convenzioni che reggono l'esistenza della massa.Nella società l'unico modo per evitare l'isolamento è il mantenimento della maschera: quando un personaggio cerca di rompere la forma, o quando ha capito il gioco, inevitabilmente viene allontanato, rifiutato, non può più trovare posto nella massa in quanto si porrebbe come elemento di disturbo in seno a quel vivere apparentemente rispettabile, in quanto sottomesso alle norme, ma fondamentalmente condannabile, in quanto affossatore dei bisogni basilari dell'uomo." 

domenica 6 aprile 2014




“Questa conoscenza, o re, renderà gli egizi più sapienti e più capaci di ricordare, poiché con essa è stato trovato il farmaco della memoria e della sapienza.”
Platone, Fedro


A cosa serve la memoria? A ricordare, certo, ma più profondamente, serve a pensare, a riflettere, a conoscere. Su questi temi si concentra la prima puntata di “Zettel. Filosofia in movimento”. Maurizio Ferraris evidenzia come le nuove tecnologie ci abbiamo fornito archivi e strumenti sempre più potenti, e sempre più facili da utilizzare, tramite cui conservare la memoria. Platone, nel Fedro, criticò la scrittura proprio perché stimolava la memoria esteriore a discapito della memoria interiore. Ma già in lui siaffacciò l'idea della mente come tabula scriptoria, un concetto che arrivò fino a Locke e poi a Freud. Nella sua rubrica, Paolo Virno si interroga sulla possibilità di ricordarsi del presente e, partendo da questa osservazione apparentemente contraddittoria, affronta il tema del deja vu, inteso come un pervertimento del ricordo del presente. La memoria assume un ruolo fondamentale, riprende Ferraris, perché abbiamo l'impressione che perdendone anche un solo pezzo potremmo perdere parte della nostra identità. Mario De caro, però, non è d'accordo in proposito e porta i suoi controesempi. Seguono gli esperimenti mentali di Maurizio Ferraris, che chiariscono l'importanza che nella vita quotidiana diamo alla memoria. Dalla Columbia University di New York Achille Varzi, compie un excursus all'interno della storia del pensiero occidentale sul tema della memoria, offrendo il controcanto della tradizione analitica. Il discorso poi passa a Mario De Caro che affronta all'interno dell'aula diversi aspetti del problema - il troppo ricordare o il falso ricordo - per poi tornare a Maurzio Ferraris e alla sua risposta alla domanda: a cosa serve la memoria?





Maurizio Ferraris risale all'antica Roma per dare un esempio di globalizzazione ante litteram, ossia proprio quello dell'impero romano. Un progetto che risale al cosmopilitismo greco e che si è sviluppato nei secoli fino ai giorni nostri. Il mondo è oggi diventato una sorta di "villaggio globale" ossia, per usare l'idea diMarshall McLuhan, un luogo in cui i mezzi di informazione e comunicazione hanno prodotto qualcosa di inedito rispetto a prima. La globalizzazione è tanto delle merci quanto culturale, ma forse non coinvolge del tutto la spiritualità. Resta il fatto che, molto probabilmente, rimane un concetto più nord occidentale che appartenente a tutto il mondo cosiddetto "globalizzato". La puntata è arricchita dai contributi di Mario De Caro, Riccardo Pozzo, Giacomo Marramao, Giulio Giorello che mirano alla comprensione del concetto soprattutto da un punto di vista filosofico.






Tre sono le idee associate al tempo comune, al tempo della nostra esperienza: il passato, che non è più, il presente, che è inafferabile perché in continuo movimento, e il futuro che, almeno in parte, è aperto al nostro intervento. Tutte e tre queste idee sono state messe in discussione dalla fisica. Il presente nella fisica non può avere alcun luogo e quindi questa divisione tra ciò che esiste e ciò che non esiste sembra perdersi completamente nella visione fisica del mondo. Questo, ci dice Mauro Dorato, filosofo della scienza, in questa introduzione alla filosofia del tempo, ha a che fare con due aspetti precisi della fisica moderna. Da una parte le leggi valgono sempre: non può esistere un istante privilegiato. E dall'altra non può esserci una concezione assoluta, e quindi indipendente dal sistema di riferimento, che abbia a che fare con la simultaneità, vale a dire che non si può dare una concezione di tempo indipendente da uno stato di moto e quindi non si può dare una nozione di presente che sia indipendente da un altro aspetto come quello del moto dell'osservatore. E infine l'inalterabilità del passato e l'apertura del futuro viene messa in discussione dal fatto che nella fisica microscopica non esiste un modo in cui gli eventi si sviluppano nel tempo: tutto può essere in un certo senso rovesciato.




Perché esiste qualcosa e non il nulla? Il filosofo della scienza Mauro Dorato fa notare come questa domandapresupponga già la sua risposta: implica che da un lato c'è uno stato di nulla assoluto, che dall'altro lato c'è uno stato di essere e che infine c'è un Essere infinitamente buono che al nulla preferisce qualcosa. Non è una domanda, quindi, cui possa rispondere la scienza, perché sottintende la presenza di un piano divino che giustifica tutto e che, soprattutto, crea dal nulla. Mentre per la scienza l'energia si conserva e dunque non la si può creare da ciò che non è. E' quindi illegittimo parlare del "nulla" in ambito scientifico? La fisica non concepisce il nulla assoluto: quello che viene chiamato "vuoto quantistico" si può spiegare come un venire in essere da uno stato energetico e un annichilarsi di particelle, ciò significa che tale vuoto è in realtà pieno di energia. Se passiamo dal microscopico al macroscopico, poi, possiamo notare come l'assenza di materia non implichi la conseguente assenza di un campo gravitazionale: anche in questo caso, dunque, non si può parlare di "nulla". Dorato passa poi a considerare le cosiddette "entità fittizie", ossia di quelle entità che non esistono nella realtà, come ad esempio gli unicorni. Questi enti, però, hanno un qualche tipo di esistenza, perché implicano una verità nell'ambito di un contesto narrativo, anche se è ben diversa dalla verità nell'ambito di un contesto scientifico. La fisica, per l'appunto, presuppone che "là fuori" ci sia qualcosa e non il nulla, presuppone l'esistenza di un mondo esterno. Ciò non ha impedito che, nel passato, alcune entità fossero presupposte come esistenti dalla scienza mentre in realtà non lo erano: è il caso, ad esempio, dell'etere, che la fisica del Novecento ha scoperto essere... "nulla". Il progresso scientifico può dunque essere descritto con la scoperta di nuove entità prima sconosciute e con l'eliminazione di entità che, al contrario, non sono referenti di niente. Cosa dire, allora, dei "paradigmi" teorizzati dal filosofo della scienza Thomas Kuhn? Secondo lui la Terra non era un pianeta prima della Rivoluzione copernicana, mentre ancora oggi è un pianeta proprio grazie a quella Rivoluzione. Al cambiare delle teorie, per Kuhn, cambia anche il mondo. Ciò significa che non esiste un referente reale nelle nostre proposizioni scientifiche? E' più plausibile che a mutare non sia il mondo, ma il nostro modo di descriverlo, che deve essere sempre più verosimile e aderente agli oggetti reali.




Il filosofo della scienza Mauro Dorato ragiona sul concetto di origine e su come questo argomento sia ancora uno dei più attuali all'interno della ricerca scientifica. In particolare si sofferma sulla progressiva emancipazione del problema dell'origine da una visione mitologico-religiosa. Un problema che si è poi articolato nelle varie scienze - biologiche, fisiche, sociali - introducendo i concetti di "cambiamento" e di storicizzazione a partire da un'origine, di contro a una visione precedente che considerava la natura e l'uomo immutabili una volta creati dal nulla. Nella fisica il concetto di origine si riduce a quello di "condizioni iniziali", a partire da cui possiamo spiegare gli eventi e la loro evoluzione. Accanto alle leggi che regolano tale evoluzione, Dorato ricorda quel fenomeno macroscopico - spiegabile a livello macroscopico - chiamato "entropia". Verso il futuro l'entropia cresce, mentre se andiamo a vedere il passato essa decresce: ciò significa che, molto probabilmente, in origine l'Universo aveva una bassa entropia che poi è aumentata, dando al tempo una direzione. Il concetto di origine, in genere, non può essere considerato come puntiforme, ossia ridotto a quell'istante prima del quale una certa cosa non c'era (la Terra, Il Sistema solare, l'uomo...) e dopo il quale c'era, ma più che altro come un processo. Per ciò che riguarda il cosmo, la teoria che esso sia stato originato dal Big Bang è stata confermata in più modi. Tra l'altro queste conferme hanno ancora una volta emancipato il problema cosmologico - ossia relativo all'origine di spazio, tempo e materia - dall'ambito della metafisica, riportandolo nella scienza. Infine Dorato si sofferma sulla materia oscura e sull'energia oscura, che costituiscono ancora un mistero da spiegare.





Cos'è l'intero? Cosa c'era prima della genesi del mondo? A queste domande ha cercato di rispondere Parmenide (Elea, VI-V secolo a.C.), da molti considerato il fondatore della metafisica occidentale, ossia di un’indagine filosofica tesa alla conoscenza dell’essere in quanto essere. Mentre per i filosofi ionici la verità era appannaggio degli dei, per l’Eleate l'uomo può accedere alla verità, che coincide con l’essere eterno,ingenerato e unico e che può essere colta solo attraverso una ragione autonoma e scevra da ogni condizionamento della sensibilità e dell’opinione. Su questa svolta, assolutamente radicale rispetto alla prospettiva prettamente fisica dei physiologoi, intervengono Hans-Georg Gadamer (Marburgo, 1900 – Heidelberg, 2002), padre dell’ermeneutica contemporanea, e Giovanni Pugliese Carratelli (Napoli, 1911), professore di storia della storiografia greca alla Scuola Normale di Pisa. Quest'ultimo si sofferma, inoltre, sulla storia della città di Elea e sulla nascita della scuola eleatica.




giovedì 3 aprile 2014


Storia e filosofia della scienza



Perché “storia e filosofia della scienza”?




Papà, spiegami allora a che serve la #STORIA” 




La storia è un mucchio di sciocchezze?




«E’ convinzione diffusa che un atteggiamento
veramente scientifico o filosofico nei confronti della
politica e una più profonda comprensione della vita
sociale in generale debbano fondarsi su una
contemplazione e interpretazione della storia umana. […] Si tratta di una vecchia idea, o meglio di un complesso di idee vagamente connesse tra loro che,
disgraziatamente, sono diventate una parte così
rilevante del nostro clima spirituale da essere di
solito accettate come vere e mai soggette a critica.»




«The traces of ancient ideas, still lingering in philosophy, jurisprudence, art and science constitute impediments rather than assets, and will come to be untenablein the long run in face of the development of our own views.»








« Una duplice fatalità in combe su colui che ha
consacrato i suoi giorni alla Scienza.
Se vuol contribuire al progresso di questa, deve
prepararcisi innanzi con uno studio paziente dei
mille particolari che costituiscono la tecnica […]
Questo lavoro assorbe a tal punto l’attività
dell’investigatore che poco tempo gli resta per
gettare uno sguardo sopra altri rami della Scienza
che si sviluppano attorno a lui. Eppure questa necessità s’impone al suo spirito. 
Se per un lato ei deve coltivare dei problemi speciali, non può esimersi peraltro dal giudicare i fini proposti alla ricerca, assurgendo ad un punto di vista generale che sovrasti ad una più larga base scientifica. »



Storia e filosofia della scienza: 
un ruolo per la società

http://www.dsi.unive.it/~pelillo/Didattica/Storia%20e%20filosofia%20della%20scienza/Slide/1%20-%20Introduzione.pdf



«La storia, se fosse considerata come qualcosa di più che un deposito di aneddoti o una cronologia, potrebbe produrre una trasformazione decisiva dell’immagine della scienza dalla quale siamo dominati.»


http://www.dsi.unive.it/~pelillo/Didattica/Storia%20e%20filosofia%20della%20scienza/Slide/1%20-%20Introduzione.pdf




«Una storia propriamente della scienza non si può fare, perché la scienza in sé non si riconosce una storia. La scienza riconosce solo il vero, il falso, il probabile; quello che si può fare è solo una storia del pensiero scientifico.»


http://www.dsi.unive.it/~pelillo/Didattica/Storia%20e%20filosofia%20della%20scienza/Slide/1%20-%20Introduzione.pdf




«Gli storici internisti sostengono che i fattori i quali influenzano lo sviluppo di una scienza […] sono unicamente costituiti dai risultati da esse conseguiti nelle fasi precedenti. […] Invece gli storici esternisti sostengono che i progressi della ricerca scientifica sono unicamente il risultato della struttura della società in cui vivono e operano i ricercatori. […] In realtà le migliori storie della scienza non possono venire catalogate a rigore né come storie interne né come storie esterne.»


http://www.dsi.unive.it/~pelillo/Didattica/Storia%20e%20filosofia%20della%20scienza/Slide/1%20-%20Introduzione.pdf



«[…] lo sviluppo della scienza consisterebbe nell’aggiunta di nuove
verità assolute a quelle già in precedenza conseguite, e quindi non 
potrebbe essere altro che uno sviluppo progressivo.
Si tratta della così detta interpretazione “cumulativa” delle crescita della scienza, che ancora oggi trova non pochi sostenitori tra gli 
studiosi che non sono specializzati in storia della scienza.»


http://www.dsi.unive.it/~pelillo/Didattica/Storia%20e%20filosofia%20della%20scienza/Slide/1%20-%20Introduzione.pdf



mercoledì 2 aprile 2014



Il Medioevo è infinito




Muore a novant'anni Jacques Le Goff. Per lo studioso francese, non erano mai esistiti i secoli bui né la storia della modernità era cominciata con il Rinascimento. Fra le sue opere capitali, «La nascita del Purgatorio»


Jac­ques Le Goff, nel suo breve libro Faut-il vrai­ment décou­per l’histoire en tran­ches? ripro­po­neva un con­cetto che era andato svi­lup­pando in tanti anni di studi: quello di un «medioevo lungo» che rove­sciava le cate­go­rie sto­riogra­fi­che dell’Ottocento, epoca nella quale il suo con­ter­ra­neo (e peral­tro ammi­rato) Jules Miche­let aveva «inven­tato» il ter­mine Renais­sance, «Rina­sci­mento», pre­sunta cesura fra il mil­len­nio dei secoli bui e la nostra moder­nità; con­cetto che sarebbe stato ripreso, ampliato, por­tato al suo mas­simo svi­luppo dal grande Jakob Burc­khardt nella sua monu­men­tale Civiltà del Rina­sci­mento in Ita­lia.