venerdì 27 settembre 2013

Morì lo Stato, non la patria - «Ci sono cose che si vorrebbe aver dimenticato o non aver mai saputo. Una di queste è l'8 settembre 1943, col suo codazzo di umiliazioni, di sciagure, di irreparabili danni materiali e morali». Così scriveva nel 1983 il grande storico Rosario Romeo, il quale aveva diciannove anni quando fu annunciata la resa dell'Italia. Il codazzo degli eventi che seguirono furono: la fuga da Roma del re e del capo del governo, con il principe ereditario, ministri e generali, per rifugiarsi nel Sud occupato dagli Alleati; la mancata difesa della capitale, subito occupata brutalmente dai tedeschi, reprimendo la resistenza spontanea di alcuni militari appoggiati da civili; la disgregazione dell'esercito italiano abbandonato a se stesso; il disfacimento dello Stato, mentre la penisola diventava un campo di battaglia fra eserciti stranieri che si combattevano strenuamente; l'esplosione della guerra civile in seguito alla ricostituzione di un regime fascista repubblicano sotto egida nazista, che controllava l'Italia dalle Alpi alla Campania, mentre in Puglia sopravviveva il regno di Vittorio Emanuele III. Infine, somma e risultato di tutti questi eventi, ci fu lo sfasciume civile e morale di una nazione che, in meno di un secolo, si era unita in Stato indipendente ed era assurta al rango di grande potenza dopo la vittoria nella Grande Guerra, e in pochi giorni, dopo l'8 settembre, precipitò nelle condizioni miserabili e disperate di una popolazione che stentava a sopravvivere, come all'epoca delle invasioni barbariche. L'immane tragedia che si abbatté sugli italiani dopo l'8 settembre è stata diversamente interpretata da testimonianze, memorie e studi storici, ai quali altri se ne sono aggiunti nella ricorrenza dei settanta anni. Non sembra tuttavia che ci siano nuove rivelazioni, nuovi documenti o nuove interpretazioni.

http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2013-09-08/mori-stato-patria-083946.shtml?uuid=Ab0PlSUI

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