martedì 24 settembre 2013

Sangue e guerra, l'altra faccia dell'hi-tech raccontata su un libro-inchiesta. L'indagine di un giornalista ci ricorda che c'è una guerra in corso nella Repubblica Democratica del Congo da 15 anni, alimentata anche dal nostro cellulare ultimo modello. - “ Che cosa lasceremo alle generazioni future?”. “ Cellulari e armi telecomandate”. È appena uscito anche in Italia per Nuovi Mondi il libro Coltan, del giornalista spagnolo Alberto Vazquez-Figueroa, che ha portato nuovamente all'attenzione generale la questione del metallo utilizzato dall'industria hi-tech al prezzo di un numero di morti che varia da 5 a 7 milioni, a seconda delle stime, tutte ferme comunque aqualche anno fa. Altri libri e documentari avevano già tentato di diffondere consapevolezza rispetto al vero costo della tecnologia. Tra questi, Blood Coltan. Il Paese in questione è la Repubblica Democratica del Congo, in guerra dalla fine degli anni '90 e preda dell'invasione dei Paesi confinanti, in primis Rwanda, Uganda e Burundi “ appoggiati dagli Stati Uniti e sovvenzionati da FMI e Banca mondiale, da una parte; Angola, Namibia, Zimbawue e Ciad, oltre alle milizie Hutu e Maji-Maji, dall'altra”, scrive Vazquez-Figueroa. E questo nonostante si possa contare sulla più ampia disposizione di forze Onu dal 2002, ma senza alcun effetto. Conseguenze Si calcola una media di 38mila persone uccise ogni mese, in particolare da malnutrizione o sfruttamento. L'ex segretario di Stato americano Madaleine Albright l'aveva definita “ la prima guerra mondiale africana”, ma è restata curiosamente ignorata dai media. Eppure “ è dal tempo dell'occupazione nazista – scrive l'autore – che non ci si trovava davanti all'occupazione dura e pura di un territorio per sterminarne i cittadini e sfruttarne le risorse minerarie”. Il risultato è che, sebbene possieda tra il 60 e l'80% delle riserve mondiali di un minerale strategico e quindi molto ricercato, il Congo resta il Paese più povero al mondo, con le milizie dei territori confinanti che arruolano o rapiscono i suoi bambini per farli lavorare a meno di 10 centesimi di euro al giorno negli stretti cunicoli delle miniere ad alto rischio frane. Secondo un rapporto del 2009 di Watch International, la manodopera guadagna in queste miniere 18 centesimi di euro, che per i bambini scende a 9 centesimi al giorno. Il prezzo di mercato del minerale arriva invece oltre i 600 dollari al kg. Dal Congo, Rwuanda e Uganda esportano il coltan negli Stati Uniti e in Asia, ma anche in Germania, Olanda e Belgio, dove viene impiegato per produrre telefoni cellulari (è la destinazione principale del coltan, oltre il 60% del metallo estratto serve a rendere durevoli le batterie), ma anche DvD, cellule fotovoltaiche, telecamere, pc portatili, console per video-giochi, astronavi, armi telecomandate, centrali atomiche, apparecchiature mediche, treni a levitazione magnetica, fibra ottica. L'estrazione non controllata alimenta non solo un conflitto infinito e senza precedenti per numero di morti e rifugiati, ma contribuisce anche all'estinzione dei gorilla di montagna, dei quali rimangono in Congo circa 600 esemplari, nel Parco Nazionale di Virunga, confinante con le miniere ed esposto alla guerriglia. In Brasile, dove sono stati trovati altri giacimenti, l'estrazione starebbe portando al progressivo smantellamento della Foresta amazzonica, per gran parte illegale; alla cacciata delle popolazioni locali; all'estinzione per alcune specie e all'inquinamento delle fonti idriche. Le multinazionali coinvolte Sarebbe così che le grandi multinazionali della telefonia fanno affari, “ riuscendo a mantenere basso il prezzo di un bene tanto prezioso”. Il libro ne cita diverse: “ Motorola, Nokia, Siemens, Ericsson e altre compagnie di punta”. Da parte sua la Apple, ad esempio, risponde che per costruire i suoi telefonini richiede ai suoi fornitori di certificare la provenienza del materiale necessario, ma poi specifica che la catena produttiva è molto lunga e complicata. Samsung spiega che i suoi fornitori “ dicono di ottenere il coltan dagli Stati Uniti, dalla Russia o dalla Tailandia, non dal Congo” senza però specificare se ci sono controlli in tal senso, ma concludendo: “ ci stiamo sforzando per trovare un sostituto del coltan, ove possibile”. Comunicati a parte, il mercato resta privo di una seria regolamentazione. Se ad esempio gli Stati Uniti hanno introdotto l' articolo 1502 nella riforma di Wall Street, che prevede per i produttori di apparati elettronici l’obbligo della certificazione sulla provenienza del materiale utilizzato, questo resta, di fatto, appunto, solo un'autocertificazione. La questione dello sfruttamento incontrollato delle risorse congolesi ha toccato diversi tipi di azienda. Un caso clamoroso coinvolse ad esempio la H.C Starck, sussidiaria della Bayer. Ad accusarla di finanziare indirettamente la guerra civile in Congo, partecipando a un commercio para-legale, furono prima due giornalisti austriaci nel libro Schwarzbuch Markenfirmen ( Il libro nero dei marchi commerciali), del 2001, e poi la stessa Onu, in un rapporto dell'anno successivo. Cosa possiamo fare Prima di tutto cercare di allungare il più possibile la vita dei nostri apparecchi elettronici. Riciclare i telefoni cellulari. Un esempio è la campagna di Eco-Cell o quella di Coopi. Scegliere i prodotti in base all'impatto ambientale e all'etica. I criteri che hanno ispirato Greenpeace per stilare la classifica 2012 delle aziende di telecomunicazioni più green hanno incluso quest'anno il fatto di mettere a disposizione informative dettagliate sulla catena produttiva, garantendo l'uso di materiali provenienti da aree pacifiche e controllate, dove non siano in corso conflitti armati. Sul podio si trovano quest'anno HP e Nokia."

http://life.wired.it/news/2013/02/01/coltan-il-libro-inchiesta-che-rivela-il-vero-prezzo-della-tecnologia.html

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