domenica 15 settembre 2013

La tesi di Dewey (1859-1952) è che i gravi problemi del momento [crisi del ‘29] erano l'esito di uno sviluppo perverso degli ideali individualistici cui risaliva «l'essenza dell'americanismo», vale a dire il progetto di una società basata sui principi dell'uguaglianza e della libertà «per tutti, senza riguardo alla nascita e allo stato giuridico»: uno sviluppo che aveva risolto il 'vecchio individualismo' di Lincoln e Jefferson, di Whitman ed Emerson, nell'ideologia del profitto privato, nelle "costumanze di una civiltà del danaro", anziché riadattarlo alle grandi risorse economiche e tecnologiche dell'America per formare una società più giusta e più stabile. Era questa, secondo Dewey, la "grande rinuncia" che pesava sul presente e sul futuro della realtà statunitense, ma alla quale si poteva rimediare disponendosi a "un nuovo individualismo", cioè un riassetto culturale in grado di esprimere eguaglianza e libertà «non solo estrinsecamente e politicamente, ma attraverso la personale partecipazione alla formazione di una civiltà con responsabilità e interessi divisi».

http://www.uncommons.it/village/liberta-ed-eguaglianza-442

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